Piero della Francesca

Piero della Francesca e il movimento neoplatonico italiano

Piero della Francesca è il più grande pittore del ‘400 del centro Italia e incarna la figura dell’artista che aderisce in toto al movimento neoplatonico 400esco.
Accanto all’interesse verso la pittura, Piero della Francesca è strettamente legato a ricerche di tipo matematico e geometrico; scrive anche un trattato chiamato “De perspectiva pingendi”, in cui teorizza la possibilità di arrivare alla conoscenza dello spazio e del tempo tramite un sistema razionale di relazioni tra le cose basate su corrispondenze matematiche.La sua adesione al movimento neoplatonico centritaliano si coglie nella sua continua affermazione pittorica che, pur non prescindendo dai fenomeni naturali, sia necessario astrarsi da essi, per poter risalire ad una forma perfetta, non soggetta al mutamento delle forme naturali variabili, che riconosce nei solidi geometrici.L’esperienza pittorica di Piero della Francesca è tra le più alte mai concepite nel Rinascimento italiano, e non solo; la sua pittura, così perfetta, limpida, distante dal mondo e mai toccata da eccessi di passione o da gestualità larghe, così chiusa nella sua perfezione geometrica non è mai fredda; infatti, nel suo distacco dallo scorrere degli eventi, dai complicati rapporti di causa-effetto contingenti, i suoi personaggi non sono mai avulsi dal mondo e non appaiono mai frutto di meri esercizi di stile. Essi trovano perfetta aderenza alla realtà, i ritratti ricalcano in maniera eccezionale le fattezze del personaggio, rappresentato con una perfezione che certamente è fiamminga, ma che piega la necessità di parossistica attenzione verso i particolari in dati di tipo storico-ambientale, che concorrono a dare dignità e personalità al protagonista del dipinto


Il Battesimo di Cristo

L’opera è una delle più importanti tavole di Piero della Francesca, datata al 1445 si trova alla National Gallery di Londra, ed è da sempre oggetto di controverse discussioni, e quindi datazioni. Ciò è dovuto alla complessa iconografia che vede, accanto alla scena principale, una serie di figure (angeli e dignitari bizantini sullo sfondo), di difficile interpretazione. L’opera mostra al centro Cristo, in posizione eretta e con le mani giunte, affiancato da un albero, dietro al quale si riconoscono tre angeli; a sinistra di Cristo è la figura di San Giovanni Battista, colto nel momento in cui sta battezzando Gesù, mettendo sulla sua testa dell’acqua che scende da una conchiglia. L’ambiente in cui si svolge la scena è apparentemente naturalistico e molto particolareggiato, alla maniera fiamminga- si riconosce la valle alle pendici della collina dove si trova Borgo San Sepolcro (luogo natale di Piero), simbolicamente intesa  come la città di Gerusalemme – ma di fatto risponde ad una serie di calcoli matematici e prospettici che fanno di esso un luogo decisamente intellettuale. Che tutto sia misurato, equilibrato e definito, lo si nota non solo attraverso l’espressione assorta e distaccata di ogni singolo personaggio, ma anche grazie ad una attenta lettura della composizione dell’intero dipinto. La tavola è divisa in due parti, quella inferiore è esattamente quadrata mentre la parte superiore è vicinissima ad un semicerchio di diametro identico al lato del quadrato. Ciò rimanda immediatamente agli studi di Brunelleschi e di Masaccio, circa la necessità di avere dei luoghi perfettamente definiti dal punto di vista compositivo-geometrico e, contemporaneamente, declina questi studi astratti in forme naturalistiche immediatamente riconoscibili. Tornando alla descrizione, infatti, se il centro del corpo di Cristo è asse di simmetria, individuando una linea diritta che, passando attraverso il naso arriva a terra tra le gambe e al di sopra si collega alla goccia che scende dalla conchiglia e quindi alla colomba che vola sulla testa di Gesù, allo stesso modo le ali spiegate della colomba sono una porzione del lato superiore del quadrato che accoglie l’intera scena. La chioma dell’albero sembra riprendere, a questo punto, la forma della cupola della Sacrestia vecchia di San Lorenzo a Firenze, e lo schema quadrato che regola la composizione dell’opera si ricollega immediatamente ai medesimi schemi architettonici brunelleschiani. Tornando al paesaggio è chiaro il riferimento alla pittura fiamminga ma, è altrettanto chiaro che l’attenzione verso ogni aspetto di esso, dagli alberi alle montagne, alla città fortificata, non diventa oziosa descrizione, ma concorre alla definizione di una scelta simbolica da parte del pittore, nel voler rappresentare la vallata del Montefeltro e Borgo San Sepolcro come immagini dei luoghi della Sacra Scrittura. Un’altra spia di una mancanza di attenzione verso il mero dato naturalistico è data dalle condizioni luminose, in cui la scena e l’ambiente si trovano. La luce chiarissima, che non permette ai colori di mutare di tono ma li esalta nella loro purezza, non trova alcun riscontro con situazioni luministico-paesaggistiche; la luce del quadro è bianca, totalmente intellettuale e, presumibilmente, avente il valore di luce assoluta. . Essa permette ai colori di manifestarsi per quello che sono, senza scarti tonali, e acquistando un valore simbolico di enorme impatto; se tutta la composizione vede un alternarsi di colori primari (giallo, rosso e blu), ecco che la figura di Cristo, così come la Colomba e l’albero, sono “color del marmo”, di un bagliore quasi accecante, come a dimostrare, da una parte, la totale estraneità del Divino alla scena terrena e dall’altra, l’assimilazione del corpo di Cristo all’albero e quindi, come vedremo adesso, al cilindro. Questa assolutezza a-temporale e a-spaziale apre la strada ad una riflessione sulla scelta di Piero di andare ben oltre le forme naturalistiche e di proporre, invece, una vera e propria sintesi di luce e colore nella forma geometrica, che lo stesso ravvisa oltre ogni forma variabile del reale. Il corpo di Cristo e l’albero hanno forme cilindriche, lo stesso cilindro è ravvisabile nei corpi degli angeli posti dietro all’albero, evidenziando come tale figura geometrica sia in realtà la forma verso la quale ogni corpo tende. Geometrismo puro si riscontra ancora nel modo di definire le montagne e ogni chioma degli alberi, un geometrismo che mette in crisi profondissima l’attenzione verso la variabilità naturalistica ma, partendo da essa, raggiunge la regione della certezza che è il mondo delle idee immutabili proprie della filosofia neoplatonica.

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