La civiltà micenea

























A differenza della cultura artistica minoica che, grazie alla perfetta sintesi che si operava sull’isola di Creta tra le culture di origine balcanica, africana, egizia e medio orientale, è la più bella e raffinata del secondo millennio, specchio, inoltre di una civiltà aperta all’incontro con le popolazioni straniere e quindi non avvezza all’uso delle armi, la civiltà che nasce  prima del 1600 a.C. e arriva fino a circa il 1000 a.C. nel cuore del Peloponneso, nell’Argolide, appare schiva, distante e diffidente, e ciò si ripercuote nella produzione artistica e architettonica. 

La regione dell'Argolide è stata cantata e raccontata in diversi testi storico-mitici, (dai poemi omerici alle tragedie di Eschilo, fino alle fonti hittite), e pertanto i dati documentari sulla civiltà micenea sono superiori a quelli che si posseggono circa la cultura cretese.
Certamente alla formazione di una cultura diversa da quella cretese, più schiva, più chiusa e diffidente partecipa la situazione oro-geografica del territorio; Micene, Tirinto e gli altri villaggi dell’Argolide sono, infatti, distanti dal mare e arroccati su colline isolate da profondi canyon.
Questa condizione naturale, che non permetteva la facile comunicazione tra i centri abitati, porta alla concezione di città-stato, indipendenti e spesso in lotta tra loro per il controllo e la conquista del territorio. L’indipendenza politico-economica della città-stato è propedeutica alla costruzione di possenti mura di cinta circondanti il centro urbano, atti ad salvaguardare l’autonomia di essa e ad a difendere la città in caso di attacchi violenti.

Periodizzazione

Così come per la civiltà minoica la periodizzazione della civiltà micenea si articola in tre grandi periodi, suddivisi in altrettanti sottoperiodi.
Per convenzione la periodizzazione si articola in
1- Tardo elladico antico - Miceneo antico - epoca prepalaziale - 1600-1400 a.C.
2 - Tardo elladico medio - Miceneo medio - epoca neopalaziale - 1400-1200 a.C.
3 - Tardo elladico avanzato - Miceneo tardo - 1200-100 a.C.
Tali dati sono acquisibili da uno studio della Scrittura lineare B che si ritrova in alcune tavolette ceramiche o anche in parti di vasi e corrispondono pressappoco all’epoca in cui scoppiò il vulcano Santorini (1600 circa), all’invasione di Creta (circa 1450) e infine, all’invasione dorica. 

Micene
La città più importante dell’Argolide - Micene - si sviluppa sulla cima di una montagna contornata da valli e circondata da mura di dimensioni gigantesche dette ciclopiche.
Le mura di Micene sono tra le opere più gigantesche che il mondo preellenico occidentale ha consegnato, esse sono realizzate attraverso l’utilizzo di enormi massi squadrati, messi in opera senza utilizzo di legante (malta) e attraverso un sapiente gioco di incastri. La muraglia, che permetteva un camminamento sulla sommità di esso, era intervallata da torri e bucata da porte che permettevano l’accesso controllato alla città.
La città murata micenea, chiamata “polis”, è essenzialmente divisa in due parti: una parte alta: l’acropoli – dove si trovano i palazzi dei governanti, e una bassa - la vera e propria polis. Extra moenia, a debita distanza dall’abitato, si trova, invece, la necropoli, la città dei morti, il cimitero.
A differenza delle città-palazzo minoiche, organizzate secondo un criterio democratico di altissimo livello, le polis micenee mostrano una situazione strutturata in maniera fortemente gerarchica; se le strutture auliche dell’acropoli si svolgono attorno ad una grande sala centrale chiamata “Megaron”, le case della polis sono di piccolissime dimensioni e spesso realizzate in legno, mentre estremamente monumentale è la necropoli.

Porta dei Leoni
Come prima accennato, la città di Micene era accessibile da porte di dimensioni piuttosto piccole, in rapporto alla muraglia ciclopica, e certamente un ruolo importante riveste la cosiddetta “Porta dei Leoni”.
Essa era l'accesso principale alla città e, seppur nella sua assoluta semplicità, la si può ritenere come il primo esempio di architettura codificata e monumentale greca e, di conseguenza, occidentale.
La porta è realizzata attraverso l’utilizzo di 3 grandi blocchi di pietra – due verticali detti stipiti e uno orizzontale retto da essi, chiamato architrave. Tale sistema architettonico, detto trilitico (lithos in greco significa “pietra”), pur  ritrovandolo a Stonehenge ed essendo noto in Egitto e in Medio Oriente, in realtà a Micene acquista un valore aggiunto che è dovuto al fatto di essere frutto di un attento studio statico e strutturale della costruzione.
L’attenzione verso tali dati di tipo fisico, porta i micenei a realizzare un’opera paradigmatica dove nulla è lasciato al caso. L'architrave, che è un elemento architettonico orizzontale, non spingente ma che scarica il proprio peso sugli stipiti che lo sorreggono, è sollecitato da un notevole peso e tende a incurvarsi al centro dove, quando si raggiunge la massima tensione potrebbe spaccarsi in due, provocando il crollo dell’intera struttura. Per ovviare a tale problema a Micene si gettano le basi per una norma che regola in maniera perfetta il modo di costruire secondo il sistema trilitico: i sostegni non devono essere molto distanziati, e l’architrave deve avere uno spessore variabile, apparendo più alto in mezzeria. Tale soluzione permetteva un giustissimo equilibrio della struttura e un controllo eccezionale delle forze che vengono messe in moto, proponendo una soluzione decisamente semplice.
A Micene, per alleggerire ulteriormente il peso che la muraglia ciclopica poteva scaricare sull’architrave, al di sopra di esso si apre un foro triangolare che permette di direzionare le forze sui due sostegni verticali e di scaricarle a terra. Tale foro triangolare si comporta, quindi, come una sorta di finestra che può o meno essere tamponata, in quanto la tamponatura non ha, evidentemente, un ruolo portante. Nel caso specifico, sull’architrave della Porta dei Leoni, il foro triangolare viene chiuso da una lastra di spessore molto inferiore a quello della cinta muraria, decorata con due leoni rampanti contro una colonna di tipo minoico, che dà il nome alla porta stessa.

Le necropoli
Le necropoli sono delle vere e proprie città al di fuori della città, spesso anche esse cinte da mura e presentanti tombe monumentali. Tra il 1874 e il 1876 l’archeologo tedesco Schliemann portò avanti la sua prima campagna di scavo sul sito di Micene scoprendo il cosiddetto Tesoro di Atreo, uno dei corredi funerari più importanti dell’epoca pre-greca, nella tomba da lui chiamata “di Agamennone”.
L’architettura funeraria micenea è decisamente monumentale. Oltre ad alcune tombe a camera, solitamente quadrangolare, la costruzione funeraria più importante e paradigmatica delle necropoli è la cosiddetta Tholos, di forma circolare e  semi-interrata in una collina dalla quale sporge nella parte sommitale.
La Tholos si raggiunge tramite un lungo corridoio rettilineo chiamato “dromos” caratterizzato, così come la Tholos, da una muratura ciclopica con i blocchi litici sistemati in maniera regolare secondo uno schema pseudo-isodomo (i blocchi sono disposti con cura facendo in modo che i giunti verticali cadano al centro di ogni blocco sottostante).
L’ingresso alla tholos ripropone esattamente lo schema già visto nella Porta dei Leoni, due stipiti reggono un architrave sovrastato da un triangolo, in questo caso vuoto, che permette alla luce di penetrare dentro la stanza. Quest’ultima ha una forma conica, con la copertura realizzata con un sapiente posizionamento dei blocchi di pietra secondo uno schema spiraliforme che si chiudono in centro, in un blocco circolare. Nonostante lo spazio sia gigantesco, non si ha traccia di sepolture all’interno di esso, mentre tramite una piccola porta, in tutto simile a quella d’ingresso, si accede ad un tortuoso corridoio sotterraneo che porta in un ambiente quadrangolare corrispondente alla vera e propria tomba, accessibile solo dai sacerdoti, dove si trovano tombe scavate nella roccia pavimentale
Proprio dalla tomba di Agamennone proviene, grazie a Schliemann, il ricchissimo corredo funerario detto “Tesoro di Atreo”, che ha restituito una grande quantità di reperti di altissima qualità e alcuni di essi realizzati in oro massiccio: tazze, anfore, collane, bracciali e gioielli, assieme a spade e a vasi in ceramica decorata e a maschere funerarie auree di eccezionale valore storico e simbolico.
Le maschere funerarie sono tra i ritrovamenti più importanti del sito di Micene, in particolare quella detta di Agamennone, che ha permesso di riprendere le fattezze , seppur idealizzate, dell'uomo sepolto.
In alcune anfore di terracotta si ritrovano le caratteristiche della ceramica di Kamares, e ciò permette di datare le stesse ad un periodo successivo alla conquista di Creta, nonostante si noti una minore libertà compositiva e una maggiore attenzione verso la definizione tettonica dell'oggetto ponendo una differenza tra collo, ansa e base che ci testimonia una cultura più bloccata e rigida.
Nella pittura vascolare si assiste alla presenza molto massiccia di decorazioni che semplificano i punti di riferimento minoici, sintetizzandosi in fasce continue che preludono alla grande stagione della ceramica greca detta protogeometrica. Si può, quindi, concludere affermando che la cultura cretese, penetrando in quella micenea, interviene ammorbidendo le forme scarne e dure delle popolazioni dell’Argolide. Da questo incontro nascerà la cultura greca con una base dorica, più grezza e montagnosa, è una capacità meravigliosa di avere la natura come punto di riferimento con l'aggiunta del carattere acquatico, quindi ionico, proveniente dal mediterraneo.
 






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