Milano paleocristiana

Dopo l’editto di Costantino del 313, mentre Roma rimaneva in gran parte pagana, la città di Milano, nuova capitale dell’Impero romano, ammise la costruzione all’interno delle sue mura di costruzioni ecclesiastiche.
Milano, nel IV secolo, così come nei secoli a venire, è caratterizzata da un’intensa attività commerciale con tutto il mondo conosciuto; a Milano arrivano prodotti da Roma, dal mondo germanico, dall’Oriente e dal Mediterraneo, il commercio porta ad un intenso scambio culturale e, di conseguenza, la città diventa una delle più importanti e eterogenee dell’Impero. 
Accanto alla presenza dell’Imperatore, è importante a Milano la figura del vescovo Ambrogio che, eletto per acclamazione, si configura immediatamente come il personaggio più importante non solo per la cultura cristiana ma, in generale, per la cultura laica e per i rapporti tra Chiesa nascente e Impero, del IV secolo. All’epoca del vescovo Ambrogio risalgono le più importanti chiese della città che, a differenza delle strutture ecclesiastiche romane, basate sull’interpretazione e sulla mutazione in senso simbolico della “basilica pagana” (ripetendo quasi in maniera reiterata lo schema cruciforme), ricalcano la varietà della cultura milanese, proponendo tipologie varie e legate alle suggestioni provenienti in città dai commerci. 
Tra le prime costruzioni si evidenzia quella di Santa Tecla (Basilica maior), posta nell’attuale Piazza Duomo, quindi, legate alla figura di Ambrogio sono la Basilica apostolorum detta anche di San Nazaro in Brolo, la Basilica martyrum (attuale S. Ambrogio), la Basilica prophetarum e la Basilica Virginum (San Simpliciano).

La basilica di Santa Tecla, detta anche Basilica maior, viene costruita nel 343-345, per volere dell'imperatore Costante I nello spazio antistante l’attuale Duomo della città. La struttura riprende essenzialmente lo schema della Basilica cristiana romana, presentava, infatti, un corpo longitudinale allungato con 5 navate e un transetto non sporgente, anch’esso suddiviso in navate, isolato rispetto al resto della chiesa da muri continui. La navata centrale si concludeva con una grande abside, oltre il transetto, mentre su quest’ultimo si aprivano, presso gli angoli, due ambienti quadrangolari.

La Basilica Virginum,  attuale, sorge sulla strada che, attraverso la Porta Comasina si irradiava dalla Mediolanum imperiale San Simpliciano a Nord verso Como e quindi conduceva in Germania.Nonostante sia stata ampliata nel corso dei secoli la Basilica mantiene ancora inalterata la sua monumentalità che la distingue dalle strutture ecclesiastiche di origine romana indicando, invece, come un immediato precedente l’Aula Palatina di età costantiniana di Treviri in Germania. La chiesa milanese, infatti, presentava in origine una sola navata molto larga che si concludeva in un’abside dopo l’intersezione di un gigantesco transetto sporgente e mostrava un ritmo parietale esterno composto da una successione di arcate, che inquadravano ampie finestre a tutto sesto.    

La Basilica Apostolorum  (382-386), si trova fuori dalle Mura romane di Milano, adiacente alla via Porticata verso Roma. La chiesa era preceduta da un atrio, non è divisa in navate e mostra uno sviluppo a croce con un transetto molto sporgente delle stesse dimensioni dell'aula. La struttura. quindi. si configura a cosiddetta "croce greca" (con tutti i bracci di uguale dimensione). La basilica non mostra alcun riferimento tipologico con le strutture romane mentre ripete, in maniera pedissequa, lo schema della Basilica Apostolorum di Costantinopoli e dell'Apostoleion di Filippi (in Asia Minore)  

La Basilica di San Lorenzo
Pur appartenente, per cronologia, al novero delle basiliche paleocristiane di Milano, la Basilica di San Lorenzo si distingue dalle altre per la grande monumentalità e per alcune peculiarità, non solo di tipo architettonico, che la contraddistinguono. Certamente non si hanno abbastanza documenti per poter definire con certezza l’epoca e i committenti della grande struttura ecclesiastica, ma una serie di ipotesi porrebbe la costruzione della prima fase di essa verso la fine del III e l’inizio del IV secolo, quando l’imperatore Massimiano avrebbe ordinato la costruzione di un tempio dedicato ad  E Ercole.
La forma della chiesa, decisamente diversa da tutte le altre architetture della Penisola italica, è riconducibile ad un complesso sistema di absidi inserite in un perimetro quadrato e reggenti una cupola centrale - un cosiddetto “tetraconco con cupola” - le cui origini potrebbero essere rintracciate nell’architettura armena e comunque nelle strutture appartenenti alla Cappadocia e alla Turchia. 
Nonostante queste incertezze sulla paternità e sulla datazione della grande chiesa che, tra l’altro, adesso mostra forme tardo-rinascimentali che però non sembra abbiano distrutto l’originaria spazialità, la Basilica di San Lorenzo è certamente il più importante monumento della Milano paleocristiana e, probabilmente, l’unico edificio appartenente alla comunità ariana. Quest’ultima affermazione troverebbe, tra l’altro, supporto nel riconoscimento del committente in Flavio Stilicone, generale vandalo, tutore dell’imperatore Onorio II, marito di Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, reggente dell’Impero negli anni di minorità di Onorio e, assieme ad essa fautore dello spostamento della capitale dell’Impero da Milano a Ravenna.Il complesso era in origine introdotto da un quadriportico il cui ingresso era preceduto da sedici colonne di ordine corinzio prelevate da un tempio romano nelle vicinanze, mentre è noto che l’interno fosse decorato con stucchi, marmi colorati e mosaici. Alla struttura principale si affiancano 3 altre piccole cappelle o sacelli dedicati a San Sisto, Sant’Ippolito e Sant’Aquilino, che contribuiscono a realizzare il complesso sistema architettonico monumentale.

Il più importante di tali edifici annessi al corpo principale è il Sacello di Sant’Aquilino, una struttura prismatica a pianta ottagonale, realizzata in opus latericium, coronata da un loggiato immediatamente sotto il tetto a otto falde e collegata alla Basilica tramite un nartece biabsidato a pianta quadrata e coperto da una volta a botte, un tempo ricoperto di affreschi, di cui rimangono scarsi frammenti, e mosaici, dei quali si possono ammirare resti con figure di Apostoli e Patriarchi delle tribù di Israele.Il perimetro interno del Sacello mostra un’alternanza di nicchie semicircolari e quadrangolari originariamente ricoperte da mosaici di cui rimangono in situ solo due, uno pressoché completo a destra dell’altare e uno, frammentario ma leggibile, a sinistra. La lettura della decorazione delle nicchie del Sacello, alla luce del valore che l’apparato figurativo ha negli edifici ecclesiastici - non mera decorazione ma aiuto concreto affinché il fedele comprenda il senso della liturgia (la chiesa diventa un Bibla pauperum) - permette di avanzare ipotesi ben articolate sulla committenza dell’edificio e sul culto che poteva professarsi all’interno di esso.Il mosaico del catino absidale della nicchia a destra dell’altare è quello meglio conservato (in realtà è praticamente intatto con qualche integrazione, come per esempio l’aureola attorno al giovane Cristo). La scena che viene proposta, inquadrata da una bellissima cornice in mosaico a “doppia S”, vede un consesso di 12 persone (vestiti da filosofi) seduti su delle rocce a destra e a sinistra di un giovane uomo posto al centro, anch’esso seduto su una roccia un po’ più alta. I filosofi più vicini al giovane centrale sono San Pietro (riconoscibile dalla tipica iconografia con barba corta bianca e capelli bianchi) e San Paolo (con barba più lunga nera e capelli neri); la presenza di questi due personaggi porta a identificare i 12 filosofi coi 12 apostoli. A questo punto è chiaro che il personaggio posto al centro è Cristo, un Cristo che non ripete l’iconografia già notata nel mosaico di Santa Pudenziana, con capelli lunghi e barba lunga, ma ripropone quella del “Buon Pastore”, nota dai sarcofagi paleocristiani e che si ritroverà a Ravenna. Cristo (la cui aureola, si ripete, è di restauro), ha un braccio alzato nell’azione di benedire e con l’altra mano regge un rotulo semi–aperto ma illeggibile, è vestito come gli altri personaggi e non si nota nessuna differenza dimensionale, è semplicemente posto su un trono più alto rispetto agli altri. Davanti a Cristo, tra due rami di un ciò che sembra essere un fiume in primo piano, c’è una capsa (una cesta), contenente dei rotuli chiusi.Il mosaico speculare a questo adesso analizzato, posto sul catino della nicchia alla sinistra dell’altare, appare più frammentario ma è facilmente leggibile grazie alla molto ben conservata “sinopia” (il disegno preparatorio realizzato sull’intonaco al di sotto delle tessere musive). La scena proposta ha un carattere molto bucolico e mostra dei giovani pastori in un ambiente agreste, con pecore e altri animali che assistono al volo di quattro cavalli, che tirano una quadriga, sulla quale si pone un personaggio. La scena è stata a lungo interpretata come il “Rapimento di Elia” (tratta dall’Antico Testamento), in realtà incongruente con l’altra scena appena vista, relativa ad un momento della “Predicazione di Cristo” (Nuovo Testamento).Una serie di studi ha portato a riconoscere una similitudine, apparentemente del tutto casuale, certamente scevra da motivi simbolici e solo dovuta alla presenza di medesime maestranze e, necessariamente, medesimi committenti tra la cornice a “doppia S” presente in questi mosaici e quella presente in gran parte dell’apparato musivo del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. 

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